Il pignoramento telematico delle quote sociali ex art. 2471 c.c. dopo la legge n. 132/15

Come noto, esiste nell’ordinamento giuridico italiano una particolare forma di processo esecutivo che non trova la sua regolamentazione all’interno del codice di procedura civile, bensì nel codice civile.

Ci riferiamo all’espropriazione di quote sociali che è regolamentata dall’art. 2471 c.c., il quale testualmente dispone: “la partecipazione può formare oggetto di espropriazione. Il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese. L’ordinanza del giudice che dispone la vendita della partecipazione deve essere notificata alla società a cura del creditore. Se la partecipazione non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all’incanto; ma la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall’aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Le disposizioni del comma precedente si applicano anche in caso di fallimento di un socio”.

Come altrettanto noto, il decreto legge n. 132/14 (convertito in legge n. 162/2014) ha profondamente riformato, per quanto qui d’interesse, gli articoli 518, 543 e 557 (e ha introdotto l’art. 521 bis), prevedendo in particolare che la formazione del fascicolo dell’esecuzione avvenga a cura dell’avvocato. Contestualmente, con la medesima novella legislativa, è stato aggiunto un periodo all’art. 16 bis, comma II, d.l. 179/12, ai sensi del quale “a decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalità, le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, del codice di procedura civile. Ai fini del presente comma, il difensore attesta la conformità delle copie agli originali, anche fuori dai casi previsti dal comma 9-bis”.

L’attento lettore noterà come dall’elenco che precede manchi del tutto l’art. 2471 c.c.; si pone quindi l’interrogativo di come vada iscritto a ruolo un pignoramento di quote sociali e di quali adempimenti debbano seguire (o accompagnare) l’iscrizione a ruolo. In particolare il dubbio riguarda se anche nel caso della procedura esecutiva in esame il difensore debba provvedere all’iscrizione a ruolo della procedura per via telematica e se anche in tal caso debba provvedere all’attestazione di conformità degli atti e titoli restituitigli dall’Ufficiale Giudiziario.

La risposta, vedremo, non è per nulla scontata e ce ne rendiamo conto già solo leggendo la parte novellata dell’art. 16 bis, comma II, d.l. 179/12; se diamo alla norma un’interpretazione letterale ci rendiamo conto che nel caso in esame, contrariamente a quanto ci potremmo aspettare, vi sarebbe un unico adempimento da espletare in via telematica, ovvero l’iscrizione a ruolo della procedura; la prima parte della norma è infatti la sola riferita a tutti i procedimenti di esecuzione forzata (“il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche”); dopodiché la norma prosegue menzionando esclusivamente le procedure di cui agli art. 518, 543 e 557 c.p.c., senza fare menzione alcuna dell’art. 2471 c.c.

Sembrerebbe dunque che, effettuato il deposito telematico della nota di iscrizione a ruolo, la procedura debba seguire i canoni classici ante riforma e cioè: istanza di vendita, deposito dell’atto di pignoramento notificato e documentazione attestante l’avvenuta iscrizione della formalità presso il Registro delle Imprese andrebbero depositati “in cartaceo” direttamente presso la cancelleria, oltretutto senza necessità di alcuna attestazione di conformità e senza obbligo di osservare i ristretti termini posti dalle norme sopra citate.

Tale soluzione ermeneutica presenta però un problema pratico irrisolvibile costituito dal fatto che gli schemi ministeriali dettati per l’iscrizione a ruolo telematica delle procedure esecutive sono in realtà strutturati in modo da non consentire il deposito della sola nota di iscrizione a ruolo; pertanto, titolo esecutivo, atto di precetto e atto di pignoramento restituiti dall’ufficiale giudiziario devono comunque essere depositati telematicamente, anche solo per “accontentare” i sistemi informatici.

Partendo da tale stato di fatto pare opportuno indagare se, soprattutto alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 132 del 2015, vi sia la possibilità di coniugare aspetti tecnici e diritto processuale in modo da giungere ad un’iscrizione a ruolo della procedura esecutiva che “accontenti” i sistemi informatici ma che consenta anche all’avvocato di attestare con pienezza di poteri la conformità degli atti e titoli esecutivi che comunque è obbligato ad allegare alla nota di iscrizione a ruolo.

In tal senso appare decisivo l’art. 16 decies del d.l. 179 del 2012 ai sensi del quale “il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale, quando depositano con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte o di un provvedimento del giudice formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attestano la conformità della copia al predetto atto. La copia munita dell’attestazione di conformità equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento”.

È evidente come tale norma possa essere di grande aiuto nel caso di specie, visto che ci troviamo invero di fronte ad una disposizione suscettibile di applicazione generale in quanto riferita ad ogni ipotesi in cui il difensore detenga, in originale, un atto processuale di parte o, in copia conforme, un provvedimento del giudice. Nel caso in esame, in effetti, il difensore, una volta notificato l’atto di pignoramento, si troverà in possesso di due atti processuali di parte in originale (atto di precetto e atto di pignoramento) e di almeno un titolo esecutivo detenuto in copia conforme (esecutiva), dei quali potrà legittimamente attestare la conformità. Da ciò discende che, nel pieno rispetto della normativa, anche nel caso di pignoramento delle quote sociali è ora possibile procedere con il deposito telematico sia della nota di iscrizione sia degli allegati atti e titoli esecutivi.

Risolto tale problema occorre poi considerare che la prima parte dell’art. 16 bis, comma II, d.l. 179 del 12 impone il deposito telematico per tutti gli atti successivi a quello con cui inizia l’esecuzione ma solo per i procedimenti di cui al libro III del codice di procedura civile; posto che il pignoramento delle quote sociali non è regolato dal codice di rito ma solo dal codice civile, ragionando sempre in un’ottica rigorosamente letterale, neppure tale norma di carattere generale potrebbe applicarsi alla procedura esecutiva in commento.

A tale ragionamento si potrebbe però obiettare che la procedura esecutiva di cui all’art. 2471 c.c. rientrerebbe in realtà in una delle tre categorie classiche contemplate dal codice di rito. Occorre dunque approfondire il tema della natura del pignoramento di quote sociali, tuttora assai dibattuto in dottrina e giurisprudenza.

La giurisprudenza prevalente in passato, in epoca anteriore alla formulazione della norma in commento (e sotto il vigore dell’abrogato art. 2480 c.c.), sposava la tesi dell’applicazione della disciplina del pignoramento presso terzi immaginando la quota come diritto di credito verso la società (ex multis, v. Cass. 13019/92; Cass. 2926/97). Per vero si giungeva a tale conclusione per esclusione, non ritenendosi applicabile né la disciplina del pignoramento mobiliare, che, secondo tale giurisprudenza, presupponeva pur sempre l’esistenza di una cosa materiale da apprendere, né, ovviamente, la disciplina del pignoramento immobiliare. Inoltre si riteneva che la notificazione dell’atto di pignoramento alla società avesse le funzione di consentire a quest’ultima di presenziare all’udienza al fine di riferire sulla posizione globale del debitore e sulla consistenza della sua quota ovvero circa l’esistenza di vincoli sulla stessa. Per la verità, tale argomento ha ora perso ogni fondamento dal momento che con la riforma dell’art. 543 c.p.c. è stata eliminata la citazione del terzo tra i requisiti dell’atto di pignoramento presso terzi.

La tesi esposta non convince però la più recente giurisprudenza la quale ha giustamente considerato che le nuove disposizioni, introdotte con il nuovo art. 2471 c.c., siano giunte a configurare un procedimento del tutto nuovo ed estraneo al pignoramento presso terzi, da svolgersi mediante notifica al debitore e alla società di un atto complesso da iscriversi successivamente nel registro delle imprese, senza necessità alcuna di invitare la società a rendere la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. (in tal senso v. Trib. Parma, 20 maggio ’13; Trib. Udine 18 febbraio ’13, entrambe pubblicate su IlCaso.it).

Secondo altra recente giurisprudenza (Trib. Milano, 8 ottobre ’14, rinvenibile per esteso su IlCaso.it) occorre considerare che la laconica disciplina dettata in materia di espropriazione delle partecipazioni societarie lascia di per sé irrisolto il problema di quale sia la disciplina processuale applicabile a tale forma di espropriazione ed in particolare, se sia applicabile direttamente la disciplina dettata dagli artt. 513 e ss. per l’espropriazione dei beni mobili, ovvero se questa disciplina possa essere applicata solo in via analogica e salvo il limite della sua compatibilità con le caratteristiche proprie dell’espropriazione delle quote sociali.

In realtà, prosegue la giurisprudenza in commento, la disciplina dettata dal capo II, titolo II del libro III del codice di rito civile sembra trovare al più un’applicazione solo analogica all’espropriazione delle partecipazioni sociali in virtù delle seguenti considerazioni:

1. gli artt. 513 e ss. c.p.c. presuppongono l’esistenza materiale del bene mobile oggetto dell’espropriazione come si ricava dai seguenti articoli: 513 (ricerca delle cose da pignorare), 514, 515 e 516 (tutti materiali i beni assolutamente, relativamente e in particolari circostanze impignorabili), 518 e 519 (forma e tempo del pignoramento), 520 e 521 (in materia di custodia) 523 e 524 (in materia di pignoramenti uniti e successivi); tanto considerato, siccome la disciplina dettata per le espropriazioni mobiliari riguarda le cose dotate di un substrato materiale, solo in via analogica, la relativa disciplina potrebbe essere applicabile alle partecipazioni sociali che, evidentemente, sono prive di un substrato materiale;

2. il pignoramento di quote sociali si esegue in via “documentale”, mediante notifica di un atto al debitore e alla società e successiva iscrizione dell’atto di pignoramento nel registro delle imprese: tale forma di pignoramento richiama da vicino la forma (pure documentale) di pignoramento dei beni immobili più che la disciplina del pignoramento dei valori mobiliari;

3. il pignoramento di quote sociali è una fattispecie a formazione progressiva che richiede per il suo perfezionamento tanto la notifica di un atto quanto la sua successiva iscrizione nel registro delle imprese;

4. depone, ancora, nel senso dell’assoluta peculiarità della disciplina relativa ai pignoramenti di partecipazioni sociali la considerazione per cui, almeno prima della riforma del 2003, la giurisprudenza della Suprema Corte era pacifica nel ritenere che il pignoramento delle partecipazioni sociali si eseguisse nelle forme del pignoramento presso terzi, con ciò escludendo l’applicabilità della disciplina dettata in materia di espropriazione mobiliare presso il debitore al previgente articolo 2480 c.c.

Alla luce delle considerazioni che precedono, deve dunque ritenersi che effettivamente il pignoramento di quote sociali presenta caratteristiche peculiari, che non consentono di ricondurlo ad alcuna delle tipologie di procedura esecutiva contemplate dal codice di rito, con conseguenti enormi problemi ai fini dell’iscrizione a ruolo della procedura esecutiva. Acclarato infatti che ci si trova di fronte all’ennesima svista del legislatore che, pur sollecitato ad intervenire sul punto, ha sempre dimenticato il tema, occorre indagare se si possa dare coerenza al sistema e legittimare il deposito telematico anche nell’ambito di tale procedura esecutiva.

Poc’anzi abbiamo visto come, alla luce delle modifiche apportate dalla legge n. 132 del 2015, il difensore possa ora legittimamente attestare la conformità degli atti e titoli in suo possesso; resta ora da verificare se vi sia spazio per il deposito telematico dell’istanza di vendita e degli eventuali ulteriori atti che si rendessero necessari in corso di procedura. A tal proposito, pur ricordando che l’art. 16 bis, comma II, d.l. 179/12 prevede l’obbligo di deposito telematico per i soli procedimenti di cui al libro III del codice di rito, un’interpretazione che consentisse l’iscrizione a ruolo telematica della procedura ma che imponesse poi di ritornare al “cartaceo” per gli atti successivi, parrebbe invero iniqua e chiaramente contraria allo spirito della norma, improntata ad imporre il processo telematico per tutte le tipologie di processo esecutivo.

Appare dunque preferibile l’opzione interpretativa che, in accordo con l’intento del legislatore e con le maggiori facoltà in tema di attestazioni di conformità ex art. 16 decies d.l. 179/12, consenta alla procedura esecutiva di continuare il suo iter in via esclusivamente telematica.

Oltretutto occorre considerare che, in assenza di schemi xsd ad hoc, la procedura esecutiva in analisi dovrà essere iscritta a ruolo utilizzando quanto previsto per le altre procedure esecutive presenti nel libro III del codice di procedura civile. A tal fine ciò che meglio pare prestarsi ai nostri fini sembra essere l’esecuzione mobiliare, stante che l’esecuzione presso terzi si basa su presupposti ormai non più rispondenti alla ratio dell’art. 2471 c.c. e l’esecuzione immobiliare richiederebbe troppi dati (non forzabili) relativi ad inesistenti beni immobili, con conseguente rischio di generare errori fatali impedienti il deposito.

Beninteso, anche nel caso dell’esecuzione mobiliare si dovrà in qualche modo “ingannare” il sistema; il vantaggio è dato però dal fatto che i da fornire sono minori e il problema si porrà più che altro in punto descrizione del bene. A tal fine si potrà però ricorrere alla voce generica “compendio pignorato” o a quella un po’ più vicina al caso di specie, ovvero “titoli”; il campo “custode” (che richiede necessariamente l’indicazione di una persona fisica) potrà invece essere compilato inserendo gli estremi del debitore (se persona fisica) o del legale rappresentante del debitore (in caso di società debitrice).

In chiusura non si può comunque non rimarcare come le complicazioni e difficoltà esposte verrebbero meno se solo il legislatore ponesse mano all’art. 2471 c.c., coordinando tale procedura con tutte le altre disciplinate dal codice di rito e disciplinando espressamente il deposito telematico anche per questa procedura esecutiva.

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