Processo Civile Telematico: gli “elementi attivi” dell’atto principale in formato .pdf – una prova pratica – avv. Pietro Calorio

Un interrogativo che gli addetti ai lavori del Processo Civile Telematico si sono posti sin dalle prime battute dell’implementazione dei sistemi e degli applicativi che lo governano riguarda la presenza dei c.d. “elementi attivi” all’interno dei documenti informatici.

Una brevissima premessa di carattere ‘storico’.

L’espressione “elementi attivi” era già contenuta nella normativa regolamentare oggi abrogata, il D.M. Giustizia 17/7/2008, che conteneva le “regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile” di cui al d.P.R. n. 123 del 13/2/2001): l’art. 52 del decreto in parola disponeva che “i documenti informatici allegati sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili, […]”, senza fornire ulteriori dettagli tecnici.

L’indicazione sull’assenza di tali elementi era pertanto dettata relativamente ai documenti allegati e non all’atto principale.

Nelle norme attualmente in vigore (D.M. 21/2/2011 n. 44), tale “elemento di formato” dei documenti informatici è enunciato sia con riguardo all’atto del processo (art. 11) sia a proposito dei documenti informatici allegati (art. 12); l’enunciazione del requisito viene reiterata anche nelle specifiche tecniche (Provv. DGSIA 18/7/2011, artt. 12 e 13), con l’unica indicazione tecnica esemplificativa rappresentata da “macro” e “campi variabili”.

Sulla scorta di queste premesse, ben note a chi si occupi da vicino di informatica giudiziaria, il Collega Juri Rudi in questo articolo ha condotto una particolareggiata disamina sul significato tecnico informatico di tali locuzioni, e sulle ricadute pratiche nella redazione degli atti.

Dal canto mio, sulla scorta di un invito rivoltomi dal Collega Andrea Pontecorvo, mi sono cimentato in un deposito dell’atto contenente “elementi attivi” redatto da Juri Rudi (questo), sul Tribunale “di test” attivato dal Ministero (il c.d. “Model Office”).

Ebbene, posso senza dubbio confermare che la busta supera senza difficoltà l’esito dei controlli automatici dei sistemi, e può essere regolarmente accettata dal cancelliere e inserita nel fascicolo informatico, per essere poi disponibile attraverso i servizi di consultazione (del PST, ad esempio).

Ecco gli screenshot:

1) La busta (ID 160142) è in attesa di accettazione, senza errori bloccanti (vedi dettaglio degli “eventi busta”):

pc imm 1

2) Gli “eventi” relativi all’atto principale non riportano errori bloccanti relativi agli elementi interni del file:

pc imm2

3) La maschera di “intervento manuale” mostra solo avvisi non bloccanti:

pc imm 3

4) Dallo “storico” del SICID è visibile l’atto accettato:

pc imm 4

5) L’evento è inoltre visibile dal Portale dei Servizi Telematici, a seguito di autenticazione con smart card:

pc imm 5

6) Il dettaglio del documento mostra quanto segue:

pc imm 6

In definitiva, la presenza di elementi attivi non viene rilevata in sede di controlli automatici dai sistemi ministeriali (i controlli automatici avvengono in effetti sui dati strutturati in formato XML e non sul contenuto dell’atto PDF).

Di analogo esperimento ha dato conto il Collega Roberto Arcella del Foro di Napoli, in questo articolo apparso sul suo blog.

La presenza di elementi attivi è, dal punto di vista processuale, mera irregolarità, non soggetta a sanzione (al pari, ad esempio, della scansione dell’atto in luogo della trasformazione in PDF, in violazione dell’art. 12 comma 1 n. 3 delle specifiche tecniche di cui al Provvedimento DGSIA 18/7/2011).

La presenza di forme e contenuti non conformi alla normativa regolamentare e tecnica non potranno, tantomeno, legittimare il rifiuto dell’atto da parte del Cancelliere, in sede di controlli manuali dell’atto depositato in via telematica.

Rinvio su questo tema all’approfondimento condotto dal Collega Juri Rudi, in questo articolo, in cui viene giustamente osservato come l’unica norma del codice di rito in merito alla possibilità di rifiuto del deposito da parte del cancelliere sia l’art. 73 disp. att. c.p.c..

In effetti – anche se può sembrare superfluo e ovvio ricordarlo – richiamare alla mente il noto principio cardine di libertà delle forme di cui all’art. 121 c.p.c. è utile a confortare il Collega che, in preda a “terrore da PCT”, indulga a fantasticherie circa le conseguenze catastrofiche sul proprio deposito di tali ‘difetti’ dell’atto processuale in forma di documento informatico.

Buon lavoro a tutti… almeno fino al 30 giugno 😉

Autore: avv. Pietro Calorio

Data di pubblicazione: 22 Aprile 2014

Riferimento autore: http://www.linkedin.com/in/pietrocalorio

ATTENZIONE: LEGGI IL DISCLAIMER

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