Documento Informatico e PCT: cosa cambia per l’avvocato con le nuove regole tecniche – avv. Fabrizio Testa

[1] Sommario: 1. Premessa. – 2. Applicabilità al PCT e alle notifiche in proprio? – 3. Nuove procedure per gli avvocati dall’11 febbraio 2015? – 4. Formazione dei documenti informatici (notifiche o depositi telematici). – 5. Duplicati informatici. 6. Attestazioni di conformità di copie informatiche di documenti analogici. – 7. Attestazioni di conformità di copie informatiche di documenti informatici. 8. Conclusioni.

Come noto, il 12 gennaio u.s. è stato pubblicato in G.U. il DPCM 13 novembre 2014[2], recante le regole tecniche in materia di documenti informatici di cui all’art. 71 del CAD[3], che entrerà in vigore il prossimo 11 febbraio.

Il provvedimento ha subito suscitato l’interesse di chi si occupa del diritto dell’informatica e di giustizia digitale, imponendo una riflessione in merito all’impatto sul processo telematico (già soggetto alle regole tecniche del DM 44/2011[4]) e sulle relative prassi degli operatori, con fatica consolidate.

Il predetto DPCM, infatti, interviene tra l’altro in materia di formazione, trasmissione, copia e conservazione dei documenti informatici, quali sono quelli scambiati nel processo telematico o notificati via PEC da avvocati e cancellerie, prevedendo una serie di procedure tecniche apparentemente complesse.

A tal proposito, occorre quindi:

– valutarne l’applicabilità e la compatibilità, in toto o in parte, al PCT e alle notifiche in proprio; in caso positivo

– accertare la regolarità delle prassi pregresse

– per il futuro, verificare se e come mutino tali procedure adottate, e notoriamente assimilate con difficoltà, dagli avvocati e dagli altri operatori del diritto, con riferimento in particolare alla formazione del documento informatico (notifiche e depositi telematici) ed alle attestazioni di conformità di copie digitali di originali analogici o informatici.

  1. Applicabilità al PCT e alle notifiche in proprio?

Quanto al primo punto, tra i primi commentatori delle nuove regole tecniche si sono formati due orientamenti[5]:

– secondo alcuni sono inapplicabili, totalmente o parzialmente, al PCT, a fronte delle peculiarità e specialità della materia;

– secondo altri sono applicabili al PCT e vanno semmai armonizzate con quelle già esistenti.

L’incertezza sul punto ed i possibili disservizi che potrebbero derivarne sono stati segnalati sia da parte della categoria forense (il Consiglio Nazionale Forense ha chiesto ufficialmente un intervento del Ministero della Giustizia[6]) sia da parte della magistratura (per es. dal responsabile dei servizi informatici del Tribunale di Milano[7]).

A ben vedere, pur aderendo all’una o all’altra tesi (ed in attesa di eventuali chiarimenti legislativi, ministeriali o giurisprudenziali), è possibile pervenire a conclusioni simili che consentono di non stravolgere le prassi adottate ed assimilate dagli avvocati.

Come anticipato, coloro che propendono per l’inapplicabilità totale[8] evidenziano sostanzialmente, in estrema sintesi, la specialità delle regole tecniche del processo telematico di cui al D.M. 44/2011 e delle norme in tema di attestazioni degli avvocati di cui alla L. 53/1994[9] e ss.mm. rispetto alle nuove regole tecniche sui documenti informatici introdotte dal DPCM 13 novembre 2014 che qui si commenta e al CAD.

Vi è inoltre chi[10] ha rilevato che, se nulla cambierà per la notificazione di atti analogici digitalizzati per il predetto rapporto di specialità tra l’art. 22 CAD (e le nuove regole tecniche ivi richiamate) e gli artt. 18 DM 44/2011 e 3bis L. 53/1994, a diversa conclusione si deve pervenire per le copie informatiche di documenti informatici, perché l’art. 16bis c. 9bis DL 179/2012[11] non prevede modalità di attestazione di conformità specifiche e aderenti ai requisiti di validità della copia richiesti dall’art. 23bis CAD.

Chi[12], infine, sostiene l’applicabilità delle nuove regole tecniche anche al PCT e alle notifiche via PEC, la desume principalmente dal riferimento ai soggetti di cui all’art. 2 c. 2 e 3 CAD (tra i quali i privati e quindi anche gli avvocati) contenuto nell’art. 22 c. 3 CAD, norma quest’ultima richiamata sia dall’art. 4 c. 3 DPCM 13 novembre 2014 sia dall’art. 3bis c. 2 L. 53/1994.

  1. Regolarità delle prassi pregresse

Se le nuove regole tecniche sono inapplicabili a PCT e notifiche via PEC, è indubbia la regolarità delle procedure sino ad oggi seguite dagli avvocati per la formazione dei documenti informatici scambiati nel processo telematico o notificati via PEC previa eventuale attestazione in proprio di conformità, con esclusione quindi di qualsiasi possibilità di eccezione.

La conclusione, peraltro, non può mutare quand’anche le si ritenesse applicabili alla materia de qua: esse, infatti, pur essendo richiamate ab origine dal d.lgs. 82/2005 (il CAD), sono state pubblicate in G.U. solo il 12 gennaio u.s., entreranno in vigore decorsi 30 giorni da tale data (art. 17 c. 1 DPCM 13 novembre 2014) e quindi non potranno che applicarsi per il futuro dall’11 febbraio p.v.: tempus regit actum.

In tal senso, com’è stato segnalato[13], depone anche la recente sent. 396/2015 TAR Lazio[14] che, ritenendo applicabile l’art. 22 CAD alle conformità attestate dall’avvocato ai fini delle notificazioni in proprio via PEC, nell’escludere la possibilità di ricorrervi per gli atti amministrativi a fronte della mancanza delle regole tecniche di cui all’art. 71 CAD (allora non ancora pubblicate) ne ha peraltro confermato la regolarità per quelli civili perché consentite dall’art. 18 DM 44/2011, cui si sono appunto attenuti sino ad oggi gli avvocati in tale ambito.

  1. Nuove procedure per gli avvocati dall’11 febbraio 2015?

Chi sostiene l’inapplicabilità a PCT e notifiche via PEC delle nuove regole tecniche deduce coerentemente che nulla muterà nelle modalità di formazione, attestazione di conformità di copie, deposito e trasmissione dei documenti informatici da parte degli avvocati, che potranno quindi continuare ad attenersi alle prassi sino ad oggi adottate.

Coloro, invece, che propendono per loro applicabilità anche ai predetti ambiti, previa eventuale armonizzazione con quelle già esistenti, hanno indicato quali nuove procedure tecniche, più o meno complesse, possano o debbano essere seguite dagli avvocati per rispettare le disposizioni del DPCM qui in commento.

A ben vedere, in realtà, il sistema dei depositi telematici e delle notifiche in proprio, fondato sulla trasmissione via PEC, appare già conforme alle nuove regole tecniche, quanto alle attività più comunemente svolte dai legali, che qui di seguito si esamineranno in dettaglio.

  1. Formazione dei documenti informatici (notifiche o depositi telematici)

L’art. 3 c. 1 del DPCM 13 novembre 2014 prevede diverse modalità di formazione del documento informatico.

Allo stato, quelle che rilevano nell’attività forense sono sostanzialmente due:

  1. a) “redazione tramite l’utilizzo di appositi strumenti software”: è il caso, per esempio, della generazione della busta nei depositi telematici attraverso i c.d. redattori ma anche, più semplicemente, quello della creazione dei file pdf testuali e nativi che costituiscono l’atto principale di un deposito telematico o che vengono notificati via pec;
  2. b) “acquisizione di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico” (per es.: le notifiche o i depositi ricevuti via pec o gli atti e i documenti estratti on line dal fascicolo informatico), “acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico” (per es. le scansioni di atti o documenti cartacei).

I commi 4 e 5 dell’art. citato aggiungono che il documento informatico così formato è reso immodificabile ed integro tramite una o più delle operazioni ivi indicate, tra le quali le più comuni per gli avvocati sono:

– “la sottoscrizione con firma digitale”;

– “il trasferimento a soggetti terzi con posta elettronica certificata con ricevuta completa”;

– la “memorizzazione in un sistema di gestione informatica dei documenti che garantisca l’inalterabilità”.

I commi 7 e 9, infine, indicano l’insieme minimo dei metadati, da associare ai documenti informatici immodificabili, costituito dall’identificativo univoco e persistente, dal riferimento temporale, dall’oggetto, dal soggetto che ha formato il documento, dall’eventuale destinatario e dall’impronta del documento informatico.

Sia l’apparente novità e complessità di alcune di tali informazioni sia la loro necessità nell’ambito del PCT e delle notifiche via PEC sono state ridimensionate[15], rilevando da un lato come esse costituiscano semplicemente le “proprietà” del documento informatico, l’indicazione del Tempo Universale Coordinato (nel formato anno-mese-giornoTora-minuti-secondiZ o altri) e la rappresentazione digitale del documento impressa in una stringa alfanumerica a fini di inalterabilità, generata anche mediante semplici applicazioni web[16], dall’altro come tali ultimi fini già siano sufficientemente tutelati in altri modi nel processo telematico.

A ben vedere, comunque, la conformità alle nuove regole tecniche e la presenza dei citati metadati è già garantita dalle procedure sinora seguite per le notifiche ed i depositi telematici, in quanto entrambe fondate sul sistema della posta elettronica certificata, che assume rilevanza non solo come strumento di trasmissione ma anche come documento informatico.

In particolare, sia il messaggio PEC ricevuto dal destinatario sia la ricevuta completa (di avvenuta consegna) restituita al mittente di un deposito in cancelleria o di una notifica ex L. 53/1994 sono documenti informatici autonomi perché rappresentano informaticamente atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti (secondo la definizione di cui all’art. 1 lett. p CAD), sono immodificabili ed integri perché firmati digitalmente dal gestore PEC, contengono, oltre ai rispettivi allegati (il file atto.enc della busta telematica nei depositi, atti e relate nelle notifiche) anche il file daticert.xml, nel quale sono indicati tutti i metadati previsti dalle nuove regole tecniche: l’identificativo univoco, il riferimento temporale, l’oggetto, il soggetto che ha formato il documento, il mittente, il destinatario e – si ritiene – l’impronta.

La funzione di inalterabilità propria di quest’ultima è comunque assicurata dal procedimento di formazione delle PEC, dalle firme digitali dai gestori e dalle sottoscrizioni digitali degli atti ivi contenuti.

In sostanza, se si pone mente al fatto che il documento informatico oggetto di notifica o deposito telematici è in realtà la PEC (contenente atti e documenti processuali), è con riferimento ad essa che andranno verificati i requisiti richiesti dalle nuove specifiche tecniche: poiché essi, come si è visto, sono tutti già rispettati, nulla muterà nelle procedure sin qui adottate dagli avvocati sia nella formazione e trasmissione dei documenti informatici ai fini del processo telematico e delle notifiche sia, come si vedrà infra, nelle attestazioni di conformità.

  1. Duplicati informatici.

I successivi artt. 4, 5 e 6 del DPCM in esame disciplinano copie e duplicati informatici.

Quanto a questi ultimi, l’art. 5 precisa, ripetendo la dizione dell’art. 16bis c. 9bis D.L. 179/2012 ss.mm., che essi sono prodotti “mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione, o su un sistema diverso, contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine”.

Se nella sua attività l’avvocato utilizza duplicati informatici (ex art. 23 bis c. 1 CAD, 5 DPCM e 16bis comma 9bis DL 179/2012), pare davvero che i problemi siano minori perché, com’è stato osservato[17], “utilizzando la medesima sequenza di bit, infatti, non avremo ad oggi bisogno (…) nemmeno dell’attestazione di conformità, posto che l’art. 16bis comma 9bis la richiama solo in relazione alla copia”; né, si può aggiungere, alcun cenno vi fa l’art. 5 DPCM.

Sono però soprattutto gli artt. 4 (“Copie per immagine su supporto informatico di documenti analogici”) e 6 (“Copie e estratti informatici di documenti informatici”) che interessano l’operatore del diritto, ed in particolare l’avvocato, nella sua ormai frequente attività di estrazione di copie informatiche.

Le due norme sono strutturate specularmente: in entrambe, infatti, il c. 1 disciplina il procedimento di produzione della copia (sul quale non ci si soffermerà), il c. 2 fa riferimento alla sua sottoscrizione digitale ed il c. 3 definisce due modalità alternative ma non esclusive di attestazione della conformità, “laddove richiesta dalla natura dell’attività”.

  1. Attestazioni di conformità di copie informatiche di documenti analogici.

Quanto alle copie informatiche per immagine di originali analogici di cui all’art. 4, si tratta delle classiche scansioni di atti o documenti cartacei comunemente effettuate dagli avvocati ai fini del deposito telematico quali “prove documentali” o “allegati generici” oppure della notifica via PEC ai sensi della L. 53/1994.

Per esse, il c. 2 della norma de qua chiarisce che possono essere firmate digitalmente, mentre il c. 3 stabilisce che la relativa attestazione di conformità, laddove richiesta dalla natura dell’attività, può essere prodotta attraverso due modalità:

– “può essere inserita nel documento informatico contenente la copia per immagine”;

– “può essere altresì prodotta come documento informatico separato contenente un riferimento temporale e l’impronta di ogni copia per immagine”.

In entrambi i casi, si aggiunge che il documento informatico così formato “è sottoscritto con firma digitale del notaio o con firma digitale o firma elettronica qualificata del pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Sino ad ora, mentre nessuna particolare formalità era richiesta per il deposito telematico di scansioni, per le notifiche ex lege 53/1994 la prassi abitualmente seguita dagli avvocati era la seconda: ai sensi dell’art. 18 c. 4 DM 44/2011, infatti, “L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’articolo 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma dell’articolo 3-bis, comma 5, della legge 21 gennaio 1994, n. 53”.

Per chi ritiene che le nuove regole tecniche non siano applicabili alla fattispecie in esame perché tuttora regolata dalla norma speciale appena citata, nulla cambia per il futuro: l’avvocato continuerà a procedere come sempre.

Chi invece le ritiene applicabili rileva che occorrerebbe ora aggiungere alla separata relata di notifica anche il riferimento temporale e l’impronta, si badi bene, di ogni copia per immagine: si è però osservato ragionevolmente che tali due nuovi metadati potrebbero non essere necessari nel contesto de quo perché “documento e attestazione di conformità viaggeranno sempre insieme, racchiusi all’interno della PEC; si ritiene pertanto che quest’ultima crei quel legame inscindibile che diversamente è reso possibile dall’inserimento dell’impronta nel documento separato contenente l’attestazione di conformità[18].

A ben vedere, a tale assennata conclusione si può giungere anche sostenendo l’integrale applicazione delle nuove regole tecniche, ricorrendo alla prima delle due modalità di attestazione di cui al predetto art. 4 c. 3 e considerando, come si è fatto supra, che a ben vedere il documento informatico contenente la copia per immagine e l’attestazione è la PEC stessa.

Se così si ragiona, si rientra appunto nella prima modalità: l’attestazione di conformità (nella relata di notifica, ex art. 18 DM 44/2011) è infatti inserita nel documento informatico (il messaggio PEC ricevuto dal destinatario e la RdAC restituita al mittente) contenente la copia per immagine (l’atto scansionato che si notifica).

Il documento (PEC e RdAC) così formato è firmato digitalmente dal gestore PEC, anche quale pubblico ufficiale a ciò autorizzato ex art 4 c. 3 (ha infatti compiti certificativi, requisiti e responsabilità di legge stringenti, controlli pubblici): si ritiene quindi non necessaria ed eccessivamente scrupolosa l’ulteriore sottoscrizione del messaggio PEC (peraltro possibile) da parte dell’avvocato, pubblico ufficiale ex art. 6 L. 53/1994 quando compila la relazione o le attestazioni di conformità nelle notifiche in proprio, che d’altra parte già sottoscrive digitalmente l’atto e la relata di notifica comprensiva della dichiarazione di conformità.

Quanto, infine, al criptico riferimento di cui al c. 3 dell’art. 4 (e 6) del DPCM in esame all’attestazione “laddove richiesta dalla natura dell’attività”, parrebbe significare che delle copie rilasciate ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 4 (e 6) va prodotta l’attestazione di conformità di cui al c. 3 citato appunto ove richiesto dalla natura dell’attività, come quella forense di notifica in proprio ai sensi della L. 53/1994 che richiede espressamente tale attestazione.

  1. Attestazioni di conformità di copie informatiche di documenti informatici.

Quanto alle copie informatiche di documenti informatici di cui all’art. 6 DPCM 13 novembre 2014, si tratta sostanzialmente di quelle che gli avvocati sono ormai abituati ad estrarre on line dagli atti e provvedimenti presenti nei fascicoli informatici.

Il c. 2 della norma de qua riconosce loro la stessa efficacia probatoria dell’originale, salvo disconoscimento, se sottoscritte digitalmente[19], mentre il c. 3 – come detto, specularmente a quello dell’art. 4 – stabilisce che la relativa attestazione di conformità, laddove richiesta dalla natura dell’attività (cfr. infra), può essere prodotta attraverso le due modalità già note:

– “può essere inserita nel documento informatico contenente la copia o l’estratto”;

– “può essere altresì prodotta come documento informatico separato contenente un riferimento temporale e l’impronta di ogni copia o estratto informatico”.

In entrambi i casi, come già in precedenza, si aggiunge che il documento informatico così formato “è sottoscritto con firma digitale del notaio o con firma digitale o firma elettronica qualificata del pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Sinora, la prassi forense per la predetta attività di estrazione di copie da remoto, anche (ma non solo) ai fini delle notifiche ex lege 53/1994, era regolata dall’art. 16bis c. 9bis DL 179/2012: gli avvocati “possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente [presenti nei fascicoli informatici] ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell’attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all’originale”.

In assenza di indicazioni, detta attestazione era abitualmente inserita nella relata delle notifiche in proprio, in analogia alla fattispecie esaminata supra al n. 6.

Anche in tali ipotesi, per chi ritiene che le nuove regole tecniche non siano applicabili ai casi in esame perché tuttora regolati dalla norma speciale appena citata, nulla cambia per il futuro.

Chi invece le ritiene applicabili rileva che le possibilità offerte dalle nuove regole tecniche sono molteplici; si è così osservato[20] che l’avvocato può:

– “certamente inserire l’attestazione di conformità all’interno del documento (sovrascrivendo lo stesso)”: in applicazione della prima delle due predette modalità, si è cioè indicata la possibilità di scaricare i pdf dal fascicolo informatico, rimuoverne le protezioni, sovrascrivere nel documento l’attestazione e firmare digitalmente il tutto; tale attività, pur adeguatamente chiarita ed esemplificata[21], comporta una modifica del consueto modus operandi degli avvocati e potrebbe apparire loro (pur erroneamente) non agevole;

– “certamente redigere l’attestazione in un documento separato e inserire riferimento temporale e impronta attraverso semplici applicazioni ricavabili dagli stessi software di firma digitale (ma sul punto ci si domanda quale sia l’utilità di dotare di impronta una copia laddove l’originale ne è pacificamente sprovvisto)”: la soluzione è sostanzialmente la medesima esaminata supra al n. 6, cui si rimanda;

– “molto probabilmente redigere l’attestazione in un documento separato ma materialmente congiunto al primo, nel caso di atti destinati alla notificazione a mezzo pec”.

Richiamando le considerazioni svolte al n. precedente, si ritiene di poter sostenere che anche quest’ultima soluzione sia percorribile, perché come già rilevato a ben vedere il documento informatico contenente la copia (o l’estratto) informatica e l’attestazione è la PEC stessa.

Anche tale procedura rientrerebbe quindi nella prima modalità: l’attestazione di conformità (nella relata di notifica, ex art. 18 DM 44/2011) è infatti inserita nel documento informatico (il messaggio PEC ricevuto dal destinatario e quello della RdAC restituita al mittente, entrambi firmati digitalmente dal gestore PEC) contenente la copia o l’estratto informatici che si notificano.

  1. Conclusioni.

Emerge da tutti i contributi citati la possibilità di pervenire, sia aderendo alla tesi dell’inapplicabilità al PCT delle nuove regole tecniche sia optando per quella di una loro applicabilità armonica, a soluzioni che non stravolgano le prassi consolidate degli operatori del diritto ed in particolare degli avvocati, ma soprattutto che non arrestino l’incessante digitalizzazione della giustizia.

In conclusione, si ritiene quindi che, pur in attesa di opportuni chiarimenti o adeguamenti, le nuove regole tecniche possano convivere con quelle già esistenti e con procedure ormai assimilate, ma anche consentire di sperimentare gradualmente nuove e più moderne soluzioni.

O, almeno, questo è l’auspicio.

[1] Il presente scritto nasce da uno stimolante confronto con gli avv.ti Stefano Bogini, Pietro Calorio, Valentina Carollo, Claudio De Stasio, Patrizio Galeotti, Nicola Gargano, Francesco Paolo Micozzi, Francesco Minazzi, Andrea Pontecorvo, Fabio Salomone, Fabrizio Sigillò, Luca Sileni, Maurizio Reale, Giuseppe Vitrani e gli altri Colleghi del Centro Studi Processo Telematico, che si ringraziano.

[2] D.P.C.M. 13 novembre 2014 (G.U. 12 gennaio 2015)

[3] D.LGS. 7 marzo 2005 n. 82

[4] D.M. 21 febbraio 2011 n. 44 (G.U. 18 aprile 2011)

[5] Per una disamina dei primi orientamenti, F. Salomone nel suo blog.

[6] CNF, segnalazione 2/2/15

[7] E. Consolandi, in AgendaDigitale.eu

[8] R. Arcella nel suo blog, M. Reale nel suo blog, F. Salomone cit.

[9] L. 21 gennaio 1994 n. 53

[10] L. Sileni, nel suo blog

[11] D.L. 18 ottobre 2012 n. 179

[12] G. Vitrani-M.A. Senor, in Il Caso.it

[13] L. Sileni, cit.

[14] TAR Lazio sent. n. 396/2015, in Altalex.com

[15] Cfr. R. Arcella e G. Vitrani-M.A. Senor, cit.

[16] Come quella gratuita ideata da C. De Stasio, in Dirittopratico.it.

[17] L. Sileni, cit.

[18] G. Vitrani-M.A. Senor, cit., p. 7.

[19] R. Arcella, cit., ha rilevato che tale norma “prevede una sorta di attestazione di conformità “implicita”, nel senso che la stessa si ha per effettuata con la sola apposizione della firma digitale di chi effettua la copia sulla copia stessa”; M. Reale, cit., ha evidenziato i rischi conseguenti ad un disconoscimento di controparte non meramente strumentale.

[20] G. Vitrani-M.A. Senor, cit., p. 8.

[21] Si vedano le guide di G. Vitrani e P. Calorio segnalate da L. Sileni, cit., in fondo e da F. Salomone, cit., p. 5 ss.

Autore: avv. Fabrizio Testa

Data di pubblicazione: 10/2/2015

Link prima pubblicazione:

http://www.ilcaso.it/articoli/dpc.php?id_cont=782.php

 

ATTENZIONE! LEGGI IL DISCLAIMER

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